Redattrice web, un mestiere che spesso è passione. Il web content editor lavora ovunque: da casa, in ufficio, in redazione, in viaggio, in treno, in coda alla posta, nella sala d'attesa del medico, sulle poltroncine del parrucchiere. Una redattrice web non si ferma quasi mai.

domenica 28 marzo 2010

Mal di testa e vento, connubio inscindibile


Da non più di tre mesi sto notando che inizio a soffrire di mal di testa. Non so mai stata ansiosa per questioni di salute ma questo fatto mi fa pensare perchè troppe volte ho visto mia mamma con le lacrime agli occhi per via del mal di testa. Lei ne soffre da sempre e in forma molto acuta, non c'è analgesico che le faccia effetto. Una brutta situazione, secondo me davvero invalidante. Per questo motivo stavo iniziando a preoccuparmi dei miei mal di testa periodici se non fosse che ho notato che mi succede sempre quando c'è vento. Abito in una zona soleggiata e calda ma molto esposta su un versante, per cui quello che altrove è un po' di venticello normale, qui arriva a raffiche molto forti. La sensazione di questo mal di testa da vento è molto strana: inizia come un senso di "imbambolamento", tipo brevi vertigini, del tipo che non faccio in tempo a pensare "mi gira la testa" che è già passato. E poi, dopo un po' partono i dolori, devo dire sopportabili ma persistenti. Via il volume a tv o radio, frasi solo sussurrate perchè nella testa rimbomba tutto. Non dura più di un paio d'ore ma la sensazione che questo strano mal di testa da vento mi lascia addosso è strana: è come se, dopo, mi si fossero aggrovigliati anche i pensieri. Come le lenzuola pulite e fresche stese ad asciugare che, schiaffeggiate dal vento, si attorcigliano su loro stesse: una volta ritirate in casa, sono sempre le stesse lenzuola colorate ma hanno qualche piegolina in più, necessitano di più tatto per riporle.

Copyright foto: Blog di Bar.it

venerdì 26 marzo 2010

Francesco De Gregori stasera parla per me


C'è una serie di versi di Francesco De Gregori che in questi giorni fa proprio al caso mio:
"Dico cose già dette e vedo cose già viste, i simpatici mi stanno antipatici, i comici mi rendono triste. Mi fa paura il silenzio ma non sopporto il rumore".
L'altra sera mio marito mi ha chiesto, realmente incuriosito, il perchè del mio rito di sottolineatura quando leggo un libro. Fosse pure in piena notte, devo assolutamente avere con me una matita per sottolineare o tracciare simboli tutti miei accanto a frasi o paragrafi."Bè - gli ho risposto - sottolineo quello su cui non avevo mai riflettuto oppure quello che non avrei saputo esprimere con parole migliori". Le canzoni invece non hanno bisogno di matite e segnalazioni grafiche: certe strofe mi restano in testa in maniera martellante, che conosca o meno quel tale pezzo. Ed ecco che stasera ho voluto mettere nero su bianco, sul mio nuovo blog, questo sentimento collegato alle parole di De Gregori. Mi rispecchio molto soprattutto nelle ultime due situazioni."I comici mi rendono triste": sono una persona ridanciana, a volte pure troppo, eppure certe trasmissioni in tv che dovrebbero essere comiche a me lasciano un tristezza! La simpatia a tutti i costi è avvilente, almeno per me.
"Mi fa paura il silenzio ma non supporto il rumore": non sono mai stata troppo a mio agio nelle biblioteche, nelle silenziose aule universitarie, a volte manco in chiesa. Per assurdo mi concentro troppo sull'eccessivo silenzio, mandando in malore tutto l'impegno intellettuale. Sin da piccola perciò sono stata abituata a studiare con radio o tv accese, con gente attorno che spadella e che produce i normali rumori quotidiani dell'ambiente in cui ci si trova. Forse però il silenzio non solo mi deconcentra ma, come dice il buon De Gregori, mi fa paura. Bè, sì, io sono una casinista e per di più una persona espansiva, non riesco ad immaginare una vita a bocca chiusa o priva di stimoli esterni. C'è tanta vita nel rumore, c'è colore in ogni suono.

mercoledì 24 marzo 2010

Manifesti elettorali, quanto sono davvero utili?


Siamo lì lì per recarci ai seggi elettorali e in giro per le strade si moltiplicano i manifesti elettorali. Quest'anno ne ho viste davvero delle belle: da quello che ha usato una sua foto totalmente offuscata, avvisando l'elettore che lui ha un brutto carattere (e viene il sospetto che pure la faccia non debba essere granchè, vista la scelta di non mostrala), fino a quella che usa testi di canzoni come slogan, tipo: "Io e te lo stesso pensiero!!!!!" (sì, proprio conditi da parecchi punti esclamativi ... e non si tratta di una ragazzina.
Ecco, oltre al momento iniziale di ilarità, cosa posso dire di ricordare in merito a quei manifesti elettorale? Niente. Non saprei riferire nome dei candidati, neppure coalizione, figurarsi il partito.
Ok, potrebbe essere un mio problema di memoria corta, però sul serio ormai non vedo quasi più l'utilità dell'affissione, lo trovo un inutile "arredo" momentaneo, sebbene immagino sia una boccata d'ossigeno per molte tipografie.
Ecco, forse il target più sensibile a questo tipo di propaganda potrebbe essere l'anziano a passeggio dal mattino alle ore 7, quando è già in coda alla posta e sbraita perchè non arriva nessuno ad aprire, fino alle ore 12 quando rientra a casa esausto e pieno di santini elettorali in tasca. Lui un po' di tempo ce l'ha per leggere per bene cognomi, partiti, memorizzare simboli e parlarne con gli amici.
Un po' scherzo, un po' no: non dispongo di dati certi su cui fondare la mia teoria però se mi guardo attorno non mi pare ci sia molta gente a guardare queste esposizioni politiche (ma anche alla pubblica presa in giro).
Quando poi il manifesto viene impreziosito dal graffitaro di turno, soprattutto da quello dall'animo disilluso ma poetico, è lì che fuoriesce la vera arte: nasi finti, denti anneriti e varie ed eventuali. Ecco, il manifesto elettorale come metafora di espressione di protesta del popolo bue mi piace.
Altra inutilità è la telefonata che ti arriva tra capo e collo a due giorni dal voto: "Ciaaaaao, come staaaai? Da quanto tempo non ci sentiamo! Stamattina mi sono svegliato e ho proprio pensato a te, allora ti ho chiamata... seeeeenti, hai saputo che sono candidato? Hai già impegni di voto? Dai, sai quanta stima c'è tra noi, mi conosci bene e bla bla bla". Se lo dici tu! Veramente non ci sentiamo dalla scorsa tornata elettorale, pensa un po'... ma questa è ancora un'altra storia.

lunedì 22 marzo 2010

Colleghi,odio/amore... e immaginazione


Come per tutte quelle situazioni di vicinanza forzata e quotidiana, anche il rapporto più idilliaco con i propri colleghi può subire delle incrinature.
La mia esperienza lavorativa è stata, fino a qualche anno fa, abbastanza variegata; non che non avessi le idee chiare, quanto piuttosto le tasche vuote e quindi qualsiasi lavoro andava bene, purchè onesto e retribuito.
Malgrado il tempo passato, sento ancora con piacere ex colleghe/i: quando si può ci si incontra volentieri e non ci si è mai persi di vista. Tranne che con alcuni ma non per mancanza di volontà nel vedersi, quanto per una stramberia più unica che rara.
Una delle mie passate esperienze lavorative è avvenuta da casa, ho collaborato con una piccola azienda telelavorando. I miei contatti quindi sono stati per lo più via mail, via telefono e via msn.
Il mio capo di allora, una persona che oggi valuto come altamente instabile e con vari complessi di inferiorità nei confronti del genere femminile, spesso mi ha nominato presunti colleghi, non chiamandoli però mai per nome.
Soprattutto quando c'era da rimproverarmi per qualcosa, la frase più gettonata cominciava con "Altri collaboratori mi dicono di farti sapere che questa cosa non va bene..." e cose del genere. In pratica, quando c'era da far partire il cazziatone (a volte meritato, molto spesso del tutto pretestuoso), questo capo faceva finta di non aver responsabilità in merito ad alcune disposizioni, facendo passar per stronzi "i colleghi", tutti rigorosamente senza un nome proprio.
Ogni tanto ho addirittura ricevuto mail da queste persone, eppure c'è sempre stato qualcosa che non mi convinceva fino in fondo: sarà stato l'anominato eccessivo, sarà stato lo stile di scrittura identico al capo. Ebbene, dopo qualche settimana ho scoperto di non aver alcun collega o forse dovrei dire che posso annoverare colleghi immaginari alla lista di stranezze che ho visto/sentito/vissuto.
Gli amici immaginari sono simpatici fin verso i 7 anni, oltre forse c'è qualcosa che non quadra nella testolina di chi crea questi mostri. Oggi ne rido ma durante quelle settimane la questione mi ha dato molto noia... una roba fastidiosa come una verruca!

domenica 21 marzo 2010

Privacy online, una chimera


Ammetto che la mia socialità online è parecchio limitata per svariate ragioni. La prima, nonchè quella preponderante, è la mia grande pigrizia; la seconda è la sensazione che il mondo social network non abbia grande utilità; la terza è che ho ben presente che tutto ciò che finisce online non sarà mai più cancellato. Magari per l'utilizzatore medio del web sì, ma per una persona leggermente più addentrata non ci vuol poi molto a raggiungere vecchie pagine di siti o blog silenti.
La macchina del tempo esiste: non nella realtà, ma nella vita parallela del web sì.
Se probabilmente per certi aspetti la mia non-presenza sui social potrebbe sembrare ad alcuni una mia limitazione nella costruzione di reti sociali-virtuali, d'altrocanto ad esempio non c'è presente e/o futuro datore di lavoro che possa aver da ridire su mie abitudini o esternazioni.
E' ormai noto che, anche prima di contattare un candidato per un colloquio di lavoro, in azienda si cerca nome e cognome su Facebook. Guai a trovare foto di serate alcoliche con amici, battute al vetriolo o esposizione politica: ne potrebbe andare della possibilità di far fruttare il proprio curriculum.
Personalmente credo che scavare nella vita di chiunque sia pratica scorretta ma quando è la persona stessa a pubblicare dettagli di sè, non c'è concetto di privacy che tenga.

Ps: la mia dichiarazione d'intenti per questo blog è di scrivere post non troppo lunghi perchè leggere pensieri e vite altrui è divertente per brevi pause ma diventa soporifero su sconfinati racconti. Lo sapevate che sul web dopo la quinta riga l'attenzione si dissolve e si tende a "saltellare"?

sabato 20 marzo 2010

Redattrice web, avventure nella rete

Inauguro questo blog un po' per gioco, un po' per parlare di una passione nata per caso che è diventata un lavoro: sono una redattrice web, una web content editor, una scribacchina della rete.
Tra crisi dell'editoria, articoli pagati una miseria, contatti presi negli anni e tutta la vita che gira attorno a questo hobby-mestiere, non avevo mai valutato seriamente la possibilità di parlarne su questi lidi virtuali. Vorrei che qui però ci finisse anche la mia socialità, il mio carattere, le mie esperienze, non solo la mia professionalità.
Mi avventuro in questo blog dicendomi che l'anonimato è una gran bella cosa quando si vuol raccontare pensieri e riflessioni personali senza voler essere riconosciuti. Però il web, per quanto sconfinato, è un paesotto nel quale spesso per caso si riconoscono persone reali. Immagino sarà capitato a tutti voi. Ecco, spero di poter giocare tra questi post a lungo prima che qualcuno si accorga che potrei essere quella redattrice web lì, piuttosto che quell'altra web editor là.
Il tempo spesso mi è tiranno quindi spero di riuscire a personalizzare questo spazio senza far trascorrere troppi secoli. A presto.